COLESTEROLO e TRIGLICERIDI
Colesterolo : il colesterolo viene prodotto dal fegato, dalle ghiandole
surrenaliche, dalla cute, dall'intestino con una media di 1 grammo al giorno,
mentre l'organismo ne assume 300-600 mgr. al giorno. E' un componente essenziale
della struttura delle membrane cellulari e degli ormoni cortisonici
(progesterone, estrogeno, testosterone, ecc.). E' costituito principalmente da
due frazioni: HDL e LDL (vedi sotto). Trigliceridi : sono un mezzo di
utilizzazione degli acidi grassi liberi assunti con la dieta e rappresentano una
alternativa alla messa in deposito di calorie in eccesso. Una introduzione
eccessiva con la dieta (alcolici e superalcolici, zuccheri e grassi) ne
determina l'accumulo nell'organismo.
Colesterolo HDL : sono costituite da proteine -Apo A- (50%), colesterolo (18%),
trigliceridi (2%), fosfolipidi (30%). Sono prodotte esclusivamente dal fegato,
che immette i precursori in circolo; tali precursori raccolgono altro
colesterolo.
Colesterolo LDL : la loro composizione è data da colesterolo (43%), trigliceridi
(10%), fosfolipidi (22%), proteine –Apo B- (25%); sono prodotte dal fegato.
Il rapporto tra Apo A e Apo B deve essere inferiore a 1.
IPERCOLESTEROLEMIA E IPERTRIGLERIDEMIA (IPERLIPEMIA= aumento dei lipidi [grassi]
nel sangue)
E' stata evidenziata una correlazione tra lipoproteine e arteriosclerosi che è
favorita dalle LDL e contrastata dalle HDL specialmente se superiore a 60 mg/dl.
Una colesterolemia di media entità raddoppia l'incidenza di alterazioni alle
coronarie.
Rapporto età e valori di colesterolo per valutare il rischio
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Fattori di rischio per cardiopatia
• HDL inferiore a 35 mg/dl
• Fumo: sigarette superiori a 10 al giorno
• Ipertensione
• Storia di parenti di 1° grado (genitori, fratelli, sorelle) deceduti per
infarto cardiaco in una età inferiore a 55 anni se maschi e a 65 anni se donne
• Diabete
• Età superiore a 45 anni se maschi e 55 se donne in menopausa.
Dieta : la dieta e la normalizzazione di un eventuale eccesso di peso
sono alla base del trattamento
di ogni forma di iperlipidemia. Il colesterolo non deve superare i 200 mg al
giorno e i grassi non devono rappresentare più del 30% delle calorie, così
suddivisi: 10% grassi saturi, 10% monoinsaturi e 10% poliinsaturi ( vedi tabelle
alimenti). I grassi monoinsaturi (dei quali è ricco l'olio di oliva) sono utili
per aumentare le HDL: per ogni riduzione del 5% dei grassi saturi si ha una
riduzione della costerolemia di 15 mg/dl.
L' aumento dei trigliceridi risponde in maniera soddisfacente alla dieta che
dovrà essere priva di alcol, con pochi zuccheri semplici, tipo fruttosio, o
complessi, tipo pane e pasta (aumentano la produzione epatica di trigliceridi),
povera di grassi con rapporto tra acidi grassi insaturi-saturi uguale a 2:1.
L'aumento del colesterolo risponde in maniera meno soddisfacente alla dieta che,
pur tuttavia, rimane alla base di ogni forma di terapia. L'introduzione del
colesterolo dovrà essere inferiore a 200 mg al giorno (una dieta normale ne
contiene 1 grammo), andranno quindi evitati i cibi che ne sono particolarmente
ricchi, tipo fegato, cervello, uova, carni grasse in genere, tipo quelle di
maiale, agnello e vitello. Sono preferibili gli acidi grassi di origine vegetale
insaturi (es. olio di mais, soia, girasole, margarina: tutti da utilizzare
crudi) anziché quelli di origine animale (burro, strutto, latte intero, panna,
certi formaggi e insaccati); utile il pollo, il tacchino e il pesce. Non
assumere più di tre uova a settimana.
Una dieta ricca di fibre vegetali indigeribili (frutta, crusca, verdura) può
contribuire a diminuire l'assorbimento intestinale del colesterolo. Molto utili
sembrano le leguminose (fagioli, piselli, fave, lenticchie, ceci, arachidi e
soia). Le diete a base di soia sembrano permettere una diminuzione, fino al 20%,
dei valori del colesterolo. Sconsigliato l'alcol e il fumo.
Di grandissimo aiuto, purchè fatta costantemente e razionalmente, l'attività
fisica: oltre a bruciare calorie, riduce le LDL ed aumenta le HDL.
La dieta mediterranea è senza dubbio un ottimo esempio di una alimentazione
povera di grassi, molto gustosa e al tempo stesso adeguata per l'apporto di
sostanze nutritive.
OBESITÀ
In Italia risulta sovrappeso 1 persona su 3, obesa 1 su 10; nel 95-98% dei casi
l'obesità è dovuta a scelte alimentari sbagliate.
Il legame fra il peso corporeo e le malattie cardiovascolari (angina, infarto,
ictus) è da tempo noto; esiste inoltre un rapporto preciso fra obesità e
diabete. Tenere il peso forma con la giusta alimentazione e una continua
attività fisica è la maniera migliore, per non dire l'unica, di prevenire il
diabete e le sue complicanze.
Curare l'obesità apparentemente è facile: basta consumare più calorie di quante
se ne ingeriscano; ciò significa da un lato ridurre la quantità di cibo che si
assume e dall'altro consumare le calorie accumulate con del normale esercizio
fisico. Per una persona in soprappeso, una dieta moderatamente restrittiva
(1000-1500 calorie) accompagnata da un costante esercizio fisico, garantisce in
tempo abbastanza breve una perdita di peso rilevante.
Purtroppo il 90% delle persone che si sottopongono ad una dieta non raggiunge il
risultato prefisso, sia perché non rispetta i vincoli imposti dal trattamento
sia perché non riesce a mantenere il peso assunto.
Perché tutto questo? Nella stragrande maggioranza perché manca la perseveranza
nel proseguimento della dieta: ciò avviene in quanto il beneficio (riduzione del
rischio di infarto, ictus e trombosi) è troppo spostato in avanti nel tempo per
poter essere apprezzato in maniera immediata; al secondo posto vi sono
sicuramente dei disordini nel comportamento alimentare (aprire il frigorifero e
svuotarlo); spesso gli stress psicologici intervengono nel corso della terapia e
finiscono per comprometterla: il paziente inizia con impegno, quindi, un evento
improvviso (un dispiacere, un trasloco, uno stress) ne alterano l'equilibrio
psicologico e la terapia viene interrotta magari per sempre; infine vi sono
altri aspetti psicologici, quale una alterazione dell'immagine del proprio corpo
che, dimagrito, viene avvertito come estraneo.
Inoltre vi è da considerare che ogni organismo ha un proprio peso e a quello
tende a ritornare (questo accade anche per motivi fisiologici visto che il 25%
del peso perso è composto da massa muscolare); un altro fattore di cambiamento
che subentra durante una dieta èl'alterazione dei meccanismi della fame e della
sazietà: nelle persone sottoposte a dieta dimagrante si modificano i livelli di
alcune sostanze che incidono sugli stimoli di fame e sazietà: l'organismo sembra
attivare meccanismi di difesa per indurre l'individuo a sospendere la dieta e
riportare il peso al livello precedente.
Insomma: tutto congiura contro la persona che vuole o deve perdere peso.
Che fare ?
In primo luogo occorre darsi degli obiettivi realistici: se una persona di 100
Kg deve scendere a 70 Kg, farà meglio a darsi un obiettivo intermedio a 90 Kg:
il raggiungere questo obiettivo non farà altro che rafforzare la sua volontà nel
proseguire la dieta.
In questa fase si pone il problema del mantenimento: il problema non è la
situazione a rischio in sé quanto la rielaborazione psicologica della
trasgressione. In altre parole, il mangiare 300 grammi di tortellini con la
panna non rappresenta di per sé un gravissimo attacco alla dieta: il problema è
dato dalle conseguenze psicologiche della trasgressione: in queste occasioni si
può perdere completamente la fiducia in se stessi aumentando la disistima da cui
nasce la frustrazione: il problema a questo punto è l'eliminazione della
frustrazione e non più il rispettare la dieta.
In definitiva quello che occorre è cambiare il proprio stile di vita.
Formula per calcolare la massa corporea (body mass index: BMI)
BMI = peso in Kg/ altezza in metri al quadrato
Per esempio: la massa corporea in un soggetto di 60 Kg e alto 1.70 metri è
uguale a
60/ 1.70x1.70 = 60/2.89 = 20.7
Altro esempio: la massa corporea in un soggetto di 85 kg e alto 1.60 metri è
uguale a
85/ 1.60x1.60 = 85/2.56 = 33.2
In base al BMI si possono avere 6 categorie di persone:
BMI inferiore a 18.5: persone sottopeso
BMI tra 18.5 e 24.9: persone normopeso
BMI tra 25.0 e 29.9: persone sovrappeso
BMI tra 30.0 e 34.9: persone obese (classe I obesità moderata)
BMI tra 35.0 e 39.9: persone obese (classe II obesità severa)
BMI superiore a 40: persone obese (classe III obesità patologica).
I fattori di rischio aumentano quando il BMI è superiore a 25.
Attenzione: le diete fai da te non funzionano e possono provocare gravi
patologie